Il giallo dell’Olgiata e quello di Ustica per lanciare il master in Scienze criminologiche
di Renato Vigna
L’Università degli studi della Tuscia muovendo dal successo ottenuto con il corso triennale in Scienze politiche e delle Relazioni internazionali – curriculum Investigazioni e Sicurezza – attivato dall’anno accademico 2013/2014 (attualmente sono centinaia gli studenti iscritti provenienti da tutta Italia) ha deciso di ampliare la propria offerta formativa con un master di primo livello in Scienze criminologiche e forensi, investigazioni e sicurezza (inserito nel dipartimento Deim diretto dal proessore Stefano Ubertini) che consentirà agli studenti una formazione ed un perfezionamento propri della figura professionale del criminologo esperto in Investigazioni e Scienze forensi, quale professionista capace di utilizzare competenze interdisciplinari e multidisciplinari tali da consentirgli di ampliare le proprie conoscenze sui fenomeni criminosi, sugli autori dei comportamenti criminali e sulle più aggiornate strategie di contrasto.
La visione integrata di discipline come criminologia, psicologia investigativa, psichiatria forense e le Neuroscienze rappresentano lo sforzo innovativo di questo percorso al quale si affiancano la grafologia forense, la genetica, la medicina legale, la balistica e gli insegnamenti inerenti le attività e i contesti investigativi. Si tratta di un master di primo livello il cui direttore è il professor Alessandro Sterpa; il coordinatore didattico il professor Vincenzo Cianchella.
L’altro giorno l’inaugurazione nell’aula magna del Rettorato con un seminario che, dopo i saluti del rettore Alessandro Ruggieri e una breve introduzione del procuratore capo Paolo Auriemma, ha visto come relatore l’avvocato Giuseppe Marazzita che ha ricostruito nei dettagli l’omicidio della contessa Alberico Filo della Torre (riaperto il caso dopo 20 anni con la condanna del colpevole, l’ex domestico Manuel Winston). Grazie all’esame del suo DNA rinvenuto sul lenzuolo che copriva il viso della vittima, si è chiuso, a distanza di qualche decennio, una vicenda giudiziaria caratterizzata da errori, illazioni, depistaggi, superficialità, approssimazione.
Subito dopo l’avvocato Alessandro Benedetti, difensore di parte civile nel processo DC9 – Ustica ha ricostruito la vicenda dell’aereo dell’Itavia scomparso dagli schermi radar alle ore 20,59 del 27 giugno 1980. Anche questa una vicenda piena di bugie, di menzogne, di depistaggi dove si è cercato in tutti i modi di nascondere la verità; è stato uno dei segreti meglio custoditi della nostra storia recente. Diverse sentenze definitive, sia penali che civili, hanno messo nero su bianco che il DC9 che si inabissò nel mare di Ustica e che vide la morte di 81 persone (tra cui quattro bambini) fu verosimilmente abbattuto da un missile in un ipotizzabile scenario di conflitti internazionali rimasti sinora oscuri e hanno condannato i ministeri italiani a risarcire i famigliari delle vittime per non aver saputo garantire la loro sicurezza e aver nascosto la verità.
Lunedì 30 Ottobre 2017 – Ultimo aggiornamento: 12:27
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